sabato 19 giugno 2021

Buddismo - I dieci mondi

L’interesse principale del Buddismo riguarda il nostro stato vitale: la gioia o la sofferenza che possiamo sperimentare in ogni singolo istante dell’esistenza.
Ciò accade sempre attraverso l’interazione tra condizioni esterne e tendenze interiori.


La stessa situazione – per esempio uno stesso posto di lavoro – vissuta da qualcuno come tormento costante, per un’altra persona può essere fonte di soddisfazione.

Scopo della pratica buddista è quello di rafforzare lo stato interiore, in modo da affrontare e trasformare le situazioni più difficili e negative.
Basandosi sul Sutra del Loto, il Gran Maestro T'ien-t'ai – studioso buddista cinese del sesto secolo – sviluppò un sistema per classificare le esperienze umane in dieci stati o “mondi”. 

L’insegnamento dei dieci mondi fu adottato ed elaborato da Nichiren Daishonin, che evidenziò la natura intima e soggettiva di questi mondi: «Per prima cosa – si legge in un suo scritto – alla domanda di dove si trovino esattamente l’Inferno ed il Budda, un sutra afferma che l’Inferno esiste sotto terra ed un altro dice che il Budda risiede a occidente. Ma, a un attento esame, risulta che entrambi esistono nel nostro corpo alto cinque piedi».

Quali sono i Dieci mondi? ...


In ordine dal più basso e negativo verso il più alto e desiderabile, troviamo:
Inferno, una condizione di disperazione nella quale si è completamente sopraffatti dalla sofferenza;
Avidità, lo stato in cui si è dominati dal desiderio illusorio che non potrà mai venire definitivamente appagato;
Animalità, una condizione basata sugli istinti;
Collera, stato caratterizzato dal bisogno irrefrenabile di prevaricare e dominare gli altri, convinti della propria bontà e saggezza.

Questi quattro mondi vengono definiti i Quattro cattivi sentieri per la distruttiva negatività che li contraddistingue.

Continuando, l’Umanità è uno stato di tranquillità, nel quale appare la capacità di ragionare e dare giudizi sereni. Pur essendo alla base della nostra identità di esseri umani, questa condizione comunque vive di un fragile equilibrio e facilmente scivola verso uno dei mondi bassi quando appare una situazione negativa. 
Cielo (O Paradiso, o Estasi) è lo stato di gioia tipico che nasce dopo aver realizzato un desiderio o evitato una sofferenza. 

I mondi fin qui illustrati sono a volte definiti i Sei mondi inferiori: la loro caratteristica è quella di essere fondamentalmente reazioni alle mutevoli situazioni esterne. In essi si sperimenta una mancanza di vera libertà e autonomia.

Quelli che il Buddismo definisce i Quattro mondi nobili rappresentano lo sforzo di vivere con integrità, libertà interiore e compassione. 

Il mondo di Apprendimento (o Studio) descrive la condizione di aspirazione verso l’Illuminazione.
Realizzazione (o Illuminazione parziale) indica la capacità di percepire la vera natura dei fenomeni. Questi ultimi sono talvolta chiamati i Due veicoli in quanto le persone che manifestano questi stati sono parzialmente illuminati e liberi da alcuni desideri illusori. Da un altro punto di vista questi mondi possono essere molto incentrati sul proprio ego tanto che, in molte scritture, il Budda ammonisce le persone dei Due veicoli per il loro egoismo e autocompiacimento.
Il mondo di Bodhisattva è lo stato di compassione nel quale superiamo i limiti dell’egoismo e ci adoperiamo per il benessere degli altri. Il Buddismo mahayana in particolare enfatizza la figura del Bodhisattva come ideale del comportamento umano.
La Buddità è lo stato di perfezione e assoluta libertà, in cui si assapora un senso di unità con la forza vitale fondamentale dell’universo. Una persona nello stato di Buddità riesce a sperimentare qualsiasi fenomeno – comprese le inevitabili prove rappresentate dal malattia, invecchiamento e morte – come un’opportunità di gioia e appagamento. Lo stato vitale interiore della Buddità si manifesta attraverso l’impegno altruistico e le azioni del Bodhisattva.

Il mutuo possesso dei Dieci mondi

Il Sutra del Loto espone il mutuo possesso dei dieci mondi per rivelare che le persone comuni possono manifestare la propria Buddità così come sono, senza dover rinascere in un’altra forma o in un’altra terra. Il vero significato di percepire i Dieci mondi dentro la propria mente consiste dunque nel manifestare il mondo di Buddità che esiste nella propria vita. Per esempio, supponiamo di trovarci in una condizione senza speranza, in cui soffriamo nel mondo d’Inferno. Se percepiamo la realtà del mutuo possesso dei dieci mondi e siamo convinti che nella nostra vita esiste senza alcun dubbio la grande forza vitale della Buddità, riusciremo a superare qualsiasi situazione e infine a vincere.
Il cuore del concetto del “mutuo possesso dei Dieci mondi” è quindi che ogni condizione vitale contiene il mondo di Buddità: ciascuno di noi, in qualsiasi momento della propria vita e con qualsiasi stato d’animo, recitando Nam-myoho-renge-kyo ha il potenziale per sperimentarlo e manifestarlo. Inoltre, si ha la possibilità di comprendere meglio i sentimenti delle altre persone pensando che anch’esse sono dotate dei Dieci mondi, compresa la Buddità. 

Fonte: www.sgi-italia.org (offline)


Nel corso della giornata, sperimentiamo diversi stati di momento in momento, secondo la nostra interazione con l’ambiente. La vista della sofferenza altrui può richiamare il mondo compassionevole del Bodhisattva, e la perdita di una persona cara può ricacciarci nell’Inferno.
Ad ogni modo, tutti noi abbiamo uno o più mondi intorno ai quali di solito ruotano le nostre attività e alle quali tendiamo a tornare quando gli stimoli esterni si placano. Si tratta della tendenza vitale di base di ognuno, e ognuno l’ha stabilita attraverso le proprie azioni precedenti. Le vite di alcuni ruotano intorno ai tre sentieri cattivi, alcuni oscillano nei sei mondi inferiori, e altri sono principalmente motivati dal desiderio di cercare la verità che caratterizza i due veicoli. 
Lo scopo della pratica buddista è quello di elevare la tendenza vitale di base e alla fine stabilire la Buddità come condizione di base di ognuno.

Stabilizzare la Buddità come nostra condizione di base non significa liberarsi degli altri nove mondi.

Tutti questi stati sono aspetti integranti e necessari della vita. Senza sperimentare le sofferenze dell’Inferno, non potremmo mai provare una sincera compassione per gli altri. Senza i desideri istintivi rappresentati da Avidità e Animalità, dimenticheremmo di mangiare, dormire e riprodurci, arrivando ben presto all’estinzione. 

Anche se realizziamo la Buddità come nostra tendenza vitale di base, continueremo a sperimentare le gioie e i dolori dei nove mondi. La differenza è che essi non ci domineranno, e noi non ci definiremo in funzione di essi. Basandoci sulla tendenza vitale della Buddità, i nostri nove mondi si armonizzeranno e agiranno a beneficio nostro e di chi ci circonda.

Fonte: www.disabilifree.it (offline)

L'articolo è stato pubblicato qui in data 17/06/2017

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